Il messaggio via Whatsapp costituisce idonea prova scritta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 633 c.p.c.

Il messaggio via Whatsapp costituisce idonea prova scritta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 633 c.p.c.
08 Novembre 2021: Il messaggio via Whatsapp costituisce idonea prova scritta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 633 c.p.c. 08 Novembre 2021

Con pronuncia del 16.6.2021, il Giudice di pace di Latina ha affermato che il messaggio Whatsapp contenente una ricognizione di debito costituisce idonea prova scritta ai fini della concessione della tutela monitoria di cui all’art. 633 c.p.c.

La tutela monitoria era stata richiesta dal ricorrente in relazione all’inadempimento da parte dell’acquirente dell’obbligazione relativa al pagamento del prezzo pattuito in un contratto di compravendita.

In considerazione del fatto che dalla messaggistica Whatsapp, dimessa in atti, emergeva chiaramente l’esistenza dell’obbligazione di pagamento, se non addirittura una vera e propria ricognizione di debito, ciò che avrebbe – a maggior ragione – dispensato il creditore dalla prova dell’esistenza del rapporto dedotto, il Giudice di pace ha accolto il ricorso, ingiungendo al debitore il pagamento del prezzo.

In tal modo il Giudice di prossimità ha recepito l’insegnamento della Cassazione, che ha riconosciuto lo status di prova documentale alla messaggistica SMS, ritenendo che essa “contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell'ambito dell'art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime” (Cass. civ., sez. II, 21/02/2019, n. 5141).

È appena il caso di notare che i medesimi principi erano stati affermati in precedenza anche con riguardo al messaggio di posta elettronica (e-mail), il quale “costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all' art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime” (Cass. civ., sez. VI, 14/05/2018, n. 11606).

La messaggistica istantanea, ivi compresa quella scambiata attraverso la piattaforma Whatsapp, costituisce idonea prova scritta a norma del n. 1) dell’art. 633 c.p.c., in forza del disposto del primo comma del successivo art. 634 c.p.c., che ne integra il contenuto, prevedendo che siano “prove scritte idonee a norma del numero 1) dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal Codice civile”.

IL Giudice di pace di Latina, pertanto, ha correttamente concesso la tutela monitoria al ricorrente sulla base delle trascrizioni dei messaggi Whatsapp, che contenevano una ricognizione di debito ex art. 1988 c.c., attesa la rilevanza attribuitagli dall’art. 634 c.p.c..

D’altro canto, va osservato che se l’SMS e il messaggio Whatsapp possono essere ritenuti idonee prove scritte ai fini dell’art. 633 c.p.c., la giurisprudenza esclude che i medesimi possano avere rilievo ai diversi fini di cui all’art. 642 c.p.c..

Infatti, l’art. 642 c.p.c., ai fini della concessione della provvisoria esecutorietà, richiede alternativamente che il credito sia “fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato”, che vi sia “pericolo di grave pregiudizio nel ritardo”, ovvero che il ricorrente produca “documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere”.

L’SMS ed il messaggio Whatsapp non possono ricondursi ad alcuna delle suddette fattispecie e, in particolare, non possono essere qualificate come documentazione sottoscritta dal debitore, non essendo strumenti atti a garantire in modo inequivocabile la provenienza della dichiarazione (Sul punto, c.f.r. Trib. Genova, Sez. II, Decr., 24/11/2016, n. 4330).

Pertanto, essi costituiscono idonea prova scritta del credito, ma non possono fondare la richiesta di concessione della provvisoria esecutorietà.

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